Il rifugio è un posto molto speciale, perché si trova a metà strada tra la terra e il cielo. Guarda a fondovalle e alle creste immacolate, allo stesso tempo. Dal basso salgono le nostalgie d’amore e dall’alto scende il richiamo dell’avventura.
L’arrivo ad un rifugio di alta montagna è una delle più dolci emozioni della vita alpina; la vista delle esili pareti, del fragile tetto in mezzo alla durezza delle rupi, ispira un senso infinito di sicurezza e di pace; s’acquieta l’ansia della salita, ed è sospesa l’inquietudine per il giorno a venire: il nostro cuore si apre alla tenerezza, come quando, dopo un lungo viaggio, poniamo il piede sulla soglia sicura della nostra casa, e l’animo si colma di gratitudine per chi lo ha costruito.
Sarà perché il rifugio ci aspetta sempre nei luoghi alti e panoramici, i più lontani dall’inquinamento, sarà per i mille arcani sentimenti dei mille e più avventori (perché i rifugi sono anche storie private, odori d’infanzia, reminiscenze letterarie, nostalgia di altre vite), ma lassù non si invecchia, non ci si accorge di spendere i giorni.
Il sole scende lento all’orizzonte e risale dietro la cresta di levante. Il cuore rallenta e le ore scorrono senza concitazione.
Il rifugio è una favola senza tempo, figlia di un altro tempo, e i personaggi delle favole vivono per sempre.
(Enrico Camanni, “L’incanto del Rifugio – Piccolo elogio della notte in montagna”, Ediciclo Editore, 2015)