Appartata e laterale, Andreis ha una sua regale e tranquilla indifferenza, anche il dialetto ha una sua individualità autonoma. C’è chi intaglia e intreccia ceste di legno e chi intaglia e intreccia parole...” Così Claudio Magris, nel libro Microcosmi, inizia la descrizione di Andreis, piccolo e isolato paese di circa 250 abitanti posto all'imbocco della Valcellina. La caratteristica che subito si nota è l'architettura delle case, spontanea e unica nel suo genere, di tradizione secolare : i dàltz, abitazioni a più piani, con le facciate rivolte a sud aperte, con ballatoi integralmente in legno percorsi da una scala esterna che serve i vari piani fino al solaio. Non è chiara la data di fondazione del primo insediamento, sicuramente millenario. L'isolamento, dovuto all'asprezza della valle e all'assenza di vere e proprie vie di comunicazione (la prima vera strada fu realizzata nel 1906) ha fatto in modo che nel paese si sviluppasse una parlata propria, il Friulano di Andreis. Lingua, che Federico Tavan plasmava con impeto, ora in una spada, ora in una piuma. Come cita Claudio Magris, “Tavan è il poeta maudit trasgressivo e innocente, socialmente irregolare e indigesto, segnato da emarginazioni e incline a farne uno stile ostentato di vita...” Nato in un paese dove “si vive in bianco e nero e si urla a colori”, Federico Tavan, attraverso la latente follia che si portava appresso, con i suoi versi riusciva a riappropriarsi del mondo a lui negato. È stato un folle che ha esaminato lucidamente e con coraggio la sua follia, che considerava frutto di una sorte già scritta : Al podeva capitâte anç a ti Poteva capitare anche a te nasce t’un pegnatón di nascere in un pentolone tra žovàtz e žùfignes tra rospi e intrugli de stries cencja prozes di streghe senza processo e al dolour grant de ‘na mare. e il dolore grande di una madre. Me soi cjatàt a passâ Io mi sono trovato a passare de chê bandes. da quelle parti Non è frutto del caso invece, se attraverso l'immaginario viaggio su una nave spaziale, descrive quella condizione della mente che lo fa essere irriducibilmente da un’altra parte, un desiderio di fuga dal luogo natio, ma soprattutto di fuga da sé stesso : Andrèes (Andreis) Quatre cjases in crous Quattro case in croce Se no tu fai ad ora a scjampâ Se non sfuggi in tempo uchì tu devente vecje e tu mour qui diventi vecchio e muori Un po’ de prâtz Qualche prato dos tre montz due tre montagne se no tu scjampe pì. Se non sfuggi, non sfuggi più tu devente Andrèes: diventi Andreis Oggi Federico Tavan non c'è più, se ne è andato in silenzio, qualche anno fa, forse a bordo della sua “naf spazial”, a raggiungere i luoghi cantati nei suoi sogni.
Rimangono i suoi versi, che campeggiano sulle pareti delle case di Andreis, accanto ad una pianta, o a un fiore. Se fos normâl Se fossi normale ‘e audarés al vint aiuterei il vento a scrîve poesies a scrivere poesie sui tiô cjavei. sui tuoi capelli. Descolz Scalzo su l’aga de Andrèes nell’acqua di Andreis in cercja de la sorgent. in cerca della sorgente. E a la sera E alla sera, cjocs de luna ubriachi di luna, cencja mai stufâsse senza mai stancarsi da gosâ al nostre amour. di gridare il nostro amore. E po’ sui arbi E poi sugli alberi in cercja de nîtz, in cerca di nidi, sui lavres un vier. sulle labbra un verme. Se fos normâl Se fossi normale e sunarés suonerei dute’ li cjampanes. tutte le campane. E po’ via E poi via pa’ chî prâtz per i prati e deventâ a diventare flours fiori âs api e e la meil. miele. come un sasso nel torrente, immobile giorno dopo giorno, l'acqua scorre su di me e lentamente leviga tutto intorno Torrente Sarca di Nambino
E' una bella soddisfazione avere avuto la possibilità di raccontare fotograficamente l'intimità e la suggestione dei luoghi di meditazione di un maestro Yoga. Questa soddisfazione diventa gioia, quando il maestro Yoga è un caro amico. www.isacco.yoga
L'architettura visionaria scolpita nel vuoto di Zaha Hadid, espressa nel museo MaXXi di Roma ad un anno dalla sua prematura scomparsa.
“When I Think of architecture as an art, I think of it as sculpting the void : the prime material of architecture is emptiness”. (Yona Friedman) Il treno, con i suoi agi di tempo e i suoi disagi di spazio, rimette addosso la disusata curiosità per i particolari, affina l’attenzione per quel che si ha attorno, per quel che scorre fuori del finestrino... Sugli aerei invece presto s’impara a non guardare, a non ascoltare.
Tiziano Terzani |