Esistono luoghi magici presenti nei nostri sogni, che entrano in sintonia con l'anima, scaldando il cuore...
“Il San Marco è un arca di Noè dove c'è posto, senza precedenze né esclusioni, per tutti, per ogni coppia che cerchi rifugio quando fuori piove forte e anche per gli spaiati.”
Così Claudio Magris, nel suo libro “Microcosmi” descriveva ìl caffè San Marco, uno dei principali caffè storici di Trieste con più di 100 anni di attività alle spalle. Inaugurato nel 1914, quando Trieste era ancora il terzo centro dell'Impero austroungarico dopo Vienna e Praga, è stato di volta in volta salotto culturale, raduno di irredentisti, circolo letterario per scrittori come Italo Svevo, Umberto Saba, James Joyce. Il San Marco apre alla vigilia della grande guerra in un clima complesso. Al centro di via Battisti, dietro il più grande Tempio Israelitico dell'Europa occidentale, e viale XX Settembre, da dove i giovani irredentisti iniziavano le loro manifestazioni antiaustriache, al centro di quello che il poeta Biagio Marin definiva “Salotto cittadino”, luogo delle passeggiate e dello svago della borghesia triestina, il Caffè San Marco sin da subito si connota per le sue simpatie filo-italiane. Tra gli stucchi e le decorazioni floreali in stile Secessione viennese, campeggia il leone di San Marco, simbolo di italianità, e infatti il Caffè diventa ben presto il laboratorio di passaporti falsi per i patrioti antiaustriaci che volevano scappare in Italia, magari per evitare l'arruolamento nell'esercito austoungarico. Non a caso il 23 maggio del 1915, alla vigilia dell'entrata in guerra dell'Italia, il Caffè venne devastato da austriaci. Finita la guerra, passata Trieste all'Italia, nel 1919 il caffè San Marco riapre. Mentre tanti caffè simbolo della mollezza asburgica, chiudono e vengono trasformati in negozi, banche e quant'altro, il San Marco prospera e diventa punto di riferimento della borghesia intellettuale e della comunità ebraica (il caffè e la sinagoga sono praticamente adiacenti, nel medesimo isolato). Ai tavoli del caffè si ritrovano pittori di origini triestina, viennese e di netta impronta secessionista. Col tempo il caffè diventa il salotto di Trieste, si trovano ogni giorno giornali italiani, inglesi tedeschi. Lo scrittore Giorgio Voghera elegge il San Marco a suo quartier generale, e la tradizione sarà continuata da Claudio Magris che non disdegna di scrivere nel locale. Si susseguono varie gestioni fino al 2012 quando il San Marco (proprietà delle Assicurazioni Generali) resta chiuso per vari mesi e si teme che non ritorni mai più in attività. Invece lo rileva una famiglia di commercianti ed editori triestini di origine greca, che, nell'ottobre 2013, lo riaprono introducendovi una libreria e trasformandolo in caffè letterario. Un “cuore pulsante della città”, come lo definisce Magris. |